Rottura tendine d’Achille: cosa è?

Il tendine di Achille è il tendine più grande e forte del corpo umano, ha una lunghezza di circa 15 centimetri e presenta uno spessore di circa 5-6 millimetri.

Origina circa a metà del polpaccio e da lì, muovendosi verso il basso, giunge fino alla superficie posteriore del calcagno, sede in cui si inserisce sulla tuberosità calcaneare.

Il tendine d’Achille ha origine dal muscolo tricipite della sura, complesso formato dai muscoli gastrocnemi (detti anche gemelli) e dal muscolo soleo.

In condizioni di buona salute, questa struttura è estremamente forte e resistente, infatti, durante attività come la corsa e il salto è capace di sopportare carichi anche fino a 12 volte il peso corporeo.

La rottura del tendine d’Achille è la più comune di tutte le rotture tendinee sottocutanee.

Questo infortunio non interessa solamente l’ambito sportivo, ma viene evidenziata anche in soggetti anziani, che non svolgono attività sportive, ma che presentano alterazioni dismetaboliche ed infiammatorie in questo distretto.

La rottura del tendine d’Achille colpisce maggiormente soggetti di sesso maschile, in un’età compresa tra i 25 e i 50 anni.

 

Ci sono dei fattori di rischio?

Sicuramente dobbiamo menzionare l’età avanzata.

Col passare del tempo anche il tendine d’Achille va naturalmente incontro ad invecchiamento, se non propriamente stimolato.

Questo, come detto precedentemente, è associato a eventuali problemi metabolici – come il diabete, l’aumento di peso, il colesterolo alto – che possono esporre la struttura ad un indebolimento progressivo che può degenerare fino alla rottura.

Un altro fattore di rischio da indagare è l’assunzione di antibiotici a base di fluorochinoloni.

Questa classe di farmaci è studiata per i suoi effetti collaterali sulle patologie tendinee, in particolare sul tendine d’Achille.

Tale molecola causa un effetto tendinotossico, inducendo apoptosi delle cellule tendinee.

È stimato che 3,2 casi su 1000 di tendinopatia Achillea e tra il 2 e il 6% delle rotture del tendine d’Achille in pazienti con più di 60 anni venga determinato dai chinolonici, soprattutto se gli stessi pazienti svolgono anche terapie cortisoniche e hanno problemi renali.

 

Segni e sintomi

In seguito alla rottura del tendine d’Achille, molte persone:

  • descrivono l’evento come “un colpo alla caviglia”;
  • riferiscono di aver sentito uno schiocco e di aver avvertito dolore acuto nella zona del tendine e del polpaccio;
  • hanno difficoltà nel camminare e sono incapaci di eseguire una flessione plantare;
  • risultano positive al test di Tompson;
  • riportano la comparsa di ematoma e gonfiore sulla caviglia;
  • al tatto avvertono un affossamento sul retro della caviglia.

 

Intervento chirurgico: sutura del tendine d’Achille

Il trattamento chirurgico è quello che viene prevalentemente adottato nella gestione di questo infortunio.

L’operazione consta in una sutura mini-invasiva percutanea, o mediante un accesso “mini-open”, che ha lo scopo di associare i vantaggi di un trattamento chirurgico, riducendo l’incidenza di ri-rotture, a quelli di un trattamento conservativo, riducendo al massimo la possibilità di complicanze locali legate all’accesso chirurgico aperto tradizionale, consentendo un recupero funzionale più rapido ed un precoce ritorno alle attività lavorative e sportive.

Il presupposto di un trattamento di questo tipo è la dimostrazione che la guarigione di queste lesioni, la cui eziopatogenesi è fondamentalmente legata ad una patologia degenerativa, si verifica per un processo di rigenerazione tendinea che può estendersi per tratti estesi di tendine lesionato e che sembra favorita dalle sollecitazioni meccaniche le quali ne orienterebbero la direzione, l’entità e la guarigione.

 

La fisioterapia dopo rottura del tendine d’Achille

È un argomento ancora oggi molto discusso e controverso: i protocolli sono numerosi, e non c’è ancora un parere unanime su quale sia il migliore.

Tradizionalmente, il trattamento consisteva in una totale immobilizzazione post-operatoria per circa 6-8 settimane con gesso, con la caviglia posizionata in equinismo al fine di comportare un accorciamento del tendine e per evitare danni ai punti di sutura.

Seguiva, poi, un graduale ritorno alla posizione neutra nelle successive 3-4 settimane.

Ulteriori studi, tuttavia, hanno dimostrato che l’immobilizzazione prolungata ha, invece, effetti negativi.

Häggmark e Eriksson hanno effettuato uno studio su atleti con esito di rottura di tendine d’Achille e, a seguito di un’immobilizzazione di 6 settimane, hanno evidenziato un’importante atrofia del soleo.

Neumann et al. evidenziarono deficit neuromuscolari e di forza dopo un’immobilizzazione di 9 settimane, nonché un aumento di rischi come la trombosi venosa profonda (TVP), aderenze cicatriziali, lesioni da decubito dovute al gesso, deficit propriocettivi ecc.

Dopo questi studi, perciò, la riabilitazione, anche per il trattamento post-chirurgico, ha iniziato a dirigersi verso un’immobilizzazione ridotta ed una mobilizzazione precoce, anche se molti erano i dubbi, le paure di aumentare l’incidenza delle complicanze, di esporre il paziente a recidive e di compromettere la guarigione dei tessuti.

Un presupposto fondamentale per una mobilizzazione precoce è dato dalla ricostruzione chirurgica, che dovrà fornire al tendine una buona resistenza in tempi relativamente brevi, così che si possa lavorare su di esso precocemente, non solo con le mobilizzazioni, ma anche attraverso il carico.

Un carico precoce, infatti, favorirebbe un recupero più rapido delle proprietà funzionali del tendine, la stimolazione della produzione del collagene e quindi, in generale, un recupero qualitativamente migliore e più rapido.

Per quanto riguarda il recupero funzionale, ovviamente sarà fondamentale andare a valutare la forza a livello dei due arti inferiori, per valutare se sono presenti deficit di forza.

L’obiettivo è il completo recupero della forza e del trofismo, a maggior ragione nello sportivo professionista, che auspica ad un ritorno allo sport che sia il migliore possibile.

Il tempo per iniziare il rinforzo muscolare dipende dall’intervento, dal paziente ed in generale dalle indicazioni dell’ortopedico.

Inizialmente si faranno svolgere al soggetto attività bipodaliche in isometria, per poi passare a contrazione concentriche ed eccentriche.

Mentre nelle fasi più avanzate queste verranno svolte monopodalicamente, per aumentare la richiesta muscolare e per lavorare anche sull’equilibrio.

 

Tempi di recupero

Per la rottura del tendine d’Achille, i tempi di recupero in genere si aggirano tra i 4 e i 6 mesi. Molto dipende dal percorso riabilitativo seguito e dalla presenza di deficit di forza e di funzionalità.

Sappiamo infatti che dopo una rottura del tendine d’Achille il complesso muscolare dei flessori plantari subisce una perdita di forza che va dall’8% al 20%. Ciò parrebbe essere dovuto ad un aumento della lunghezza del tendine.

La debolezza muscolare, se non adeguatamente trattata, può restare fino a 7-11 anni dopo la rottura.

 

Conclusione

La rottura del tendine d’Achille è un evento estremamente invalidante che compromette la funzionalità e l’autonomia del soggetto.

Il trattamento principalmente proposto è un intervento chirurgico mini-invasivo di sutura.

Il percorso riabilitativo ha una durata di 6-7 mesi ed è volto, fin dalle prime settimane attraverso il carico, al ripristino della struttura tendinea, al recupero della forza e dell’autonomia.

 

 

Bibliografia:

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