“Domanda del paziente:
Perché quando mi alleno il
dolore mi passa?
Risposta semplicistica del clinico:
Perché si scalda…”
A tutti è capitato di dire o sentire questa affermazione.
La spiegazione scientifica in realtà è un leggermente più complessa e se avrete la pazienza di leggere questo articolo capirete il perché.
Infatti, quello che si può notare analizzando la letteratura scientifica è che le condizioni di stress (come quelle prodotte dagli esercizi, ad esempio) sono da sempre considerate meccanismi che riescono ad abbassare le risposte al dolore.
Tale fenomeno prende il nome di “stress induced analgesia“.
Uno dei primi esempi di questo meccanismo ci è stato suggerito da Beecher et al. nel 1946 che notò come i soldati in battaglia erano meno responsivi al dolore e necessitavano di meno analgesici durante le chirurgie, rispetto ai civili.
In seguito a questa scoperta sono stati eseguiti numerosi studi scientifici che hanno evidenziato l’efficacia degli esercizi nel ridurre il dolore, come ad esempio quelli di Bartholomew et al. del 1996 e quelli di Koltyn e Arbogast del 1998 che hanno confrontato l’effetto di una sessione di esercizi contro resistenza rispetto ad un gruppo controllo.
Successivamente a questa tipologia di trattamento la soglia del dolore aumentava significante già dopo 5 minuti, con cambiamenti della pressione del sangue e frequenza cardiaca.
Il termine “stress-induced-analgesia” fu, quindi, modificato in “exercise induced analgesia”.
Sono state analizzate numerose tipologie di allenamento (isometria, aerobico, contro resistenza…) al fine di valutare quale fosse la migliore nel trattamento della sintomatologia dolorosa.
È stato evidenziato come tutte le modalità sopra riportate fossero in grado di determinare un abbassamento della percezione del dolore.
Inoltre, è stato visto che l’effetto analgesico si manifesta anche in regioni corporee distanti dal segmento anatomico sottoposto all’esercizio, indicando che un meccanismo inibitorio ad ampia diffusione centrale è attivato in generale da contrazioni muscolari.
Come discusso da Kosek e Lundenburg, nel loro studio del 2007, questi meccanismi centrali possono includere una maggiore secrezione di endorfine B, cambiamenti dei meccanismi di attenzione, attivazione di controlli inibitori nocivi diffusi o un’interazione dei sistemi di regolazione cardiovascolare sul dolore.
Esercizio e dolore persistente
Come sappiamo pazienti con dolore persistente (come ad esempio i pazienti fibromialgici) mostrano un’alterazione della modulazione centrale del dolore in risposta all’esercizio.
Alcuni studi suggeriscono che l’esecuzione di distretti non dolenti anche per le persone con patologie croniche regionali provochi un effetto ipoalgesico locale e può essere un metodo efficace per alleviare temporaneamente il dolore nei muscoli dolorosi.
Per questa motivazione pazienti che soffrono di questo tipo di dolore traggono molto giovamento eseguendo un programma contenente esercizi aerobici a bassa/moderata intensità rispetto agli individui sani.
Seppur possa sembrare di aver trovato la cura per i dolori persistenti purtroppo che questa tipologia di trattamento non sia efficace.
Questo perché molti di questi pazienti presentano un’inibizione del sistema ipoalgesico e questo potrebbe spiegare la bassa aderenza con gli interventi di esercizio nei pazienti con dolore cronico, che in genere nelle prime fasi riabilitative sono più inclini ad abbandonare il percorso.
Infatti, in seguito all’attività viene favorito il rilascio di lattato e stress ossidativi che possono incrementare la sensibilità dolorifica del soggetto.
Oltre ai fattori precedentemente nominati questo pazienti sono suscettibili dal punto di vista emotivo.
Possono infatti soffrire di depressione, catastrofizzazione, paura del movimento e sensibilizzazione cognitiva ed emozionale condizioni che espongono la persona a percepire maggior dolore.
Approfondiamo la biologia
Questa sezione dell’articolo è dedicata ai più “nerd”, infatti andremo a sviscerare più approfonditamente alcune ipotesi e dati provenienti dalla letteratura scientifica.
Se non siete interessati potete passare al prossimo paragrafo dove tireremo le somme delle evidenze fin ora riportate.
Nello studio di Koltyn del 2000 è stato dimostrato che l’analgesia è indotta in seguito all’applicazione di carichi elevati (>70% capacità aerobica massima).
Il modello dell’induzione della cascata endogena degli oppioidi sembra essere quello più valido, anche se la maggior quantità di dati proviene da studi sugli animali.
Secondo Nuagle et al. (2012) il rilascio di betaendorfine è il maggior indiziato per la diminuzione del dolore, mentre i dati più consistenti sugli animali mostrano che anche il sistema non-oppiode (quindi quello riguardante il rilascio di serotonina o di noroepinefrina) gioca un ruolo importante.
Secondo Koltyn nel suo studio del 2006, i sistemi cardiovascolare e di regolazione della pressione sanguigna hanno un ruolo nella regolazione del dolore.
Ad esempio, la regolazione del dolore condivide le stesse aree cellulari cerebrali del sistema di regolazione pressorio, gli stessi neurotrasmettitori (monoamine) e gli stessi neuropeptidi (oppioidi).
È stato dimostrato che l’aumento della frequenza cardiaca e della pressione si associa a diminuzione del dolore durante l’esercizio.
Altri potenziali meccanismi includono l’attivazione del sistema ascendente (es: attivazione delle fibre A delta e C del muscolo afferente) e discendente (es. esercizio che agisce come una distrazione e altera l’attenzione dallo stimolo del dolore) delle vie di inibizione del dolore con l’esercizio.
Sluka et al. nel loro articolo del 2018 propongono che una regolare attività fisica cambi lo stato delle vie inibitorie del dolore centrale e del sistema immunitario determinando un effetto protettivo contro un insulto periferico.
Questo normale stato protettivo, che si verifica con una regolare attività fisica, non si riscontra in soggetti fisicamente inattivi e comporta un rischio maggiore di sviluppo di dolore cronico di lunga durata.
I siti del tronco cerebrale, come il midollo ventromediale rostrale (RVM), facilitano e inibiscono i segnali nocicettivi.
Esercizio e sistema immunitario
Viene sottolineato anche che una regolare attività fisica moduli il sistema immunitario localmente nel sito dell’insulto, sistemicamente e nel sistema nervoso centrale, come già accennavamo in un nostro precedente articolo.
Nella condizione fisicamente inattiva ci sono più citochine infiammatorie e meno citochine antinfiammatorie.
In seguito ad una regolare attività fisica questo equilibrio si sposta verso una maggiore presenza di citochine antinfiammatorie e minore di citochine infiammatorie.
Le citochine infiammatorie attivano i recettori sui nocicettori per produrre dolore, mentre le citochine antinfiammatorie riducono l’attività dei nocicettori per prevenire il dolore.
L’analgesia prodotta da una regolare attività fisica ed esercizio fisico è caratterizzato dal blocco delle citochine IL10 e IL4.
Pertanto nelle popolazioni attive l’alterazione del fenotipo dei macrofagi regolatori determina l’aumento dell’analgesia.
L’esercizio fisico regolare riduce l’attivazione delle cellule gliali, riduce le citochine infiammatorie e aumenta le citochine antinfiammatorie nel corno dorsale del midollo spinale.
Pertanto, l’esercizio fisico normale normalizza la segnalazione neuroimmune nel sistema nervoso centrale per prevenire e invertire lo sviluppo dell’iperalgesia.
Conclusioni
L’analisi della letteratura scientifica rivela un chiaro legame tra l’esercizio fisico e la riduzione del dolore, attraverso meccanismi noti come “exercise induced analgesia”.
Questo fenomeno è supportato da numerosi studi che dimostrano come diverse forme di esercizio siano efficaci nel diminuire la percezione del dolore, agendo su meccanismi centrali e periferici.
Tuttavia, l’efficacia di tali interventi può variare in base alla condizione del paziente, con pazienti affetti da dolore cronico che possono mostrare una risposta ridotta o addirittura inibita all’esercizio.
Infatti è fondamentale considerare anche altri fattori, come lo stato psicoemotivo e l’adesione del paziente al programma di trattamento.
Da ora quando qualcuno vi chiederà come mai ci sia una riduzione del dolore in seguito ad attività fisica saprete cosa rispondere, senza dire banalità.
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