
La sindrome della bandelletta ileo-tibiale, nota anche come ginocchio del corridore, è una condizione infiammatoria che interessa la porzione distale della fascia ileo-tibiale.
È considerata la seconda causa più comune di infortuni da overuse al ginocchio, ed è particolarmente diffusa tra corridori e ciclisti (10%-50%), ovvero atleti che eseguono ripetutamente movimenti di flesso-estensione del ginocchio.
Cause e fattori predisponenti
La sindrome della bandelletta ileo-tibiale è una tipica sindrome da sovraccarico, caratterizzata da infiammazione della fascia ileo-tibiale, spesso associata a una borsite nella regione di contatto con il condilo femorale laterale.
Il continuo attrito durante la flesso-estensione può causare microtraumi e infiammazione della borsa sierosa interposta.
I fattori predisponenti si dividono in:
- Fattori estrinseci, tra cui corsa su terreni inclinati o irregolari, aumento eccessivo del chilometraggio o dei volumi di allenamento, percorsi con frequenti salite/discese, allenamenti ad alta intensità per la forza esplosiva.
- Fattori intrinseci, di natura anatomica o biomeccanica, come il varismo del ginocchio, il varismo tibiale, la prominenza dell’condilo femorale laterale, la dismetria degli arti inferiori, il piede con tendenza all’ipersupinazione.
Diagnosi
La ITBS si manifesta tipicamente con dolore laterale al ginocchio, più precisamente in corrispondenza del condilo femorale laterale. Il dolore si accentua oltre i 30° di flessione e può essere accompagnato da sensazione di rigidità.
La diagnosi è principalmente clinica e spesso di esclusione, basata su:
- raccolta anamnestica approfondita in cui viene analizzato il gesto tecnico e la frequenza degli allenamenti;
- dolore laterale nella regione del condilo femorale laterale, lungo la linea articolare tibio-femorale;
- insorgenza dei sintomi in seguito a un aumento del carico o del volume di corsa, soprattutto in discesa;
- test di Noble positivo;
- test di Ober positivo;
- valutazione della forza e del controllo neuromuscolare dei muscoli glutei, in particolare il medio gluteo;
- imaging, generalmente è poco utile, ma può essere impiegato per escludere altre condizioni (RM, ecografia, RX);
- altri test funzionali generici.
In caso di dubbi diagnostici, possono essere indicati esami strumentali per la diagnosi differenziale con:
- tendinopatia del bicipite femorale distale,
- tendinopatia del muscolo popliteo,
- lesioni meniscali laterali,
- esiti chirurgici di ricostruzione del LCA.
Trattamento
Il trattamento prevede una gestione progressiva in più fasi:
- Controllo dell’infiammazione acuta e dei sintomi;
- Educazione del paziente e suo coinvolgimento attivo nel percorso riabilitativo;
- Recupero del ROM e della forza a livello di anca e ginocchio;
- Ottimizzazione del pattern motorio, con focus sul gesto sportivo specifico;
- Incremento progressivo della funzionalità nelle attività che scatenano il dolore;
- Percorso di running retraining;
- Return-to-play graduale per gli atleti.
Questo approccio riabilitativo è sostenuto dalle linee guida più recenti pubblicate sul British Journal of Sports Medicine (Barton et al., BJSM, 2021) e le revisioni sistematiche apparse sul Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy (JOSPT), il trattamento conservativo progressivo basato sull’esercizio e il controllo neuromotorio rappresenta la strategia più supportata in termini di efficacia e prevenzione delle recidive.
Strategie terapeutiche
Le strategie messe in atto per raggiungere gli obiettivi descritti sopra possono essere di diverso tipo.
Farmacologiche:
- FANS (topici o sistemici),
- Infiltrazioni corticosteroidee (solo in casi selezionati e refrattari).
Fisioterapiche:
- Educazione al dolore e comprensione della patologia;
- Terapie manuali per modulazione del dolore;
- Esercizi mirati per migliorare mobilità, resistenza e forza di anca e ginocchio;
- Training neuromuscolare:
- esercizi per il reclutamento dell’anca;
- strategie di soft landing;
- aumento della cadenza nella corsa (+5–10%).
Chirurgiche:
Il trattamento chirurgico è raro e riservato ai casi recidivanti e refrattari alla terapia conservativa. L’intervento più comune è la resezione della porzione infiammata della bandelletta ileo-tibiale o della borsa sottostante.
Prevenzione
La prevenzione della sindrome della bandelletta ileotibiale passa attraverso un approccio multifattoriale, volto a correggere eventuali disfunzioni biomeccaniche e a migliorare il controllo motorio.
Un elemento centrale è il lavoro di rinforzo del core e dei muscoli glutei, in particolare del medio gluteo, essenziale per stabilizzare il bacino e controllare l’adduzione e la rotazione interna dell’anca durante la corsa.
Anche lo stretching dinamico, se inserito in una routine pre-allenamento, può contribuire a migliorare la mobilità dell’anca e ridurre le tensioni miofasciali, in particolare nei soggetti con una limitata flessibilità del tensore della fascia lata.
Un accenno merita anche il running retraining, ovvero il rieducare il gesto motorio della corsa. In alcuni casi selezionati, modificare variabili come la cadenza (step rate), la lunghezza del passo o l’inclinazione del tronco può ridurre il carico sulla bandelletta ileotibiale, migliorando la distribuzione delle forze e favorendo una corsa più efficiente e meno stressante per i tessuti laterali del ginocchio.
Questi adattamenti sono coerenti con quanto riportato in una revisione del Clinical Journal of Sport Medicine, che evidenzia come interventi di running retraining, in particolare l’aumento della cadenza e la riduzione dell’adduzione dell’anca, possano ridurre significativamente i sintomi in soggetti con ITBS (e.g. Willy & Davis, 2016).
Prognosi
La terapia conservativa è generalmente efficace nel ridurre il dolore nel breve termine.
Tuttavia, solo il 44% dei pazienti recupera completamente entro 8 settimane e molti riportano una persistenza o recidiva dei sintomi.
Questi dati trovano riscontro in una revisione sistematica recente (BJSM, 2020), che sottolinea l’importanza di valutare non solo la forza, ma anche la variabilità del movimento e la qualità del controllo motorio durante le attività funzionali, in un’ottica biopsicosociale e individualizzata.
L’intervento chirurgico, se necessario, mostra buoni tassi di return-to-sport (81–100%), ma la qualità delle prove a supporto è bassa. Recenti studi suggeriscono che i corridori che hanno avuto un singolo episodio di ITBS presentano una maggiore variabilità motoria e una ridotta adduzione dell’anca rispetto a quelli con recidive.
Questo indicherebbe l’esistenza di un meccanismo protettivo adattativo, potenzialmente legato alla riorganizzazione del controllo neuromotorio.
Alla luce di queste evidenze, è plausibile ritenere che un intervento focalizzato sulla forza, sulla variabilità del movimento e sulla neuromeccanica dell’anca durante i gesti funzionali possa rappresentare la strategia riabilitativa più efficace e personalizzata.
Bibliografia:
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